STORIA DELL’AGRITURISMO ITALIA MULTIFUNZIONALITA’ AGRICOLTURA
La storia dell’agriturismo, in Italia, comincia con la costituzione dell’Agriturist, nel 1965.
I primi passi, dell’agriturismo italiano, sono soprattutto di tipo politico culturale: regista, colto, intelligente, fantasioso, sensibile alle esperienze più mature di altri Paesi, è Simone Velluti Zati, presidente di Agriturist fin dalla fondazione.
Convegni, interviste alla stampa, “giornate verdi” in fattoria, “cancelli aperti” ai curiosi dell’agricoltura, sono altrettante occasioni per cominciare ad proporre questo nuovo modello di vacanza, questa nuova opportunità di sviluppo per l’impresa agricola.
I primo appuntamento ufficiale dell’agriturismo italiano arriva nel 1973, con la legge della Provincia Autonoma di Trento che, per la prima volta, prevede interventi a sostegno dell’agriturismo. In Alto Adige, nello stesso anno, si emana una legge per promuovere il turismo rurale.
Nel 1975, mentre Veneto e Campania si danno, anche loro, una normativa di incentivo allo sviluppo dell’agriturismo, Agriturist pubblica la prima edizione della Guida dell’Ospitalità Rurale: presenta 80 aziende agricole attrezzate per l’accoglienza.
Ci vorranno dieci anni per arrivare alla emanazione di una Legge-quadro dello Stato che definisca l’attività agrituristica ed indichi un comune punto di riferimento alle normative regionali: è la Legge 5 dicembre 1985, n. 730, firmata dal presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, dal presidente del Consiglio, Bettino Craxi, dal ministro dell’Agricoltura, Filippo Maria Pandolfi, dal guardasigilli, Mino Martinazzoli.
Secondo le stime di Agriturist, già allora, l’agriturismo in Italia conta circa 6.000 aziende, 55 mila posti letto, con giro di affari attualizzato di circa 108 milioni di euro (210 miliardi di lire).
Alla fine del 1991, con legge n. 413, viene introdotto, con decorrenza 1 gennaio 1992, uno specifico regime fiscale per l’agriturismo che consente di calcolare il reddito imponibile in modo forfetario e quindi semplificato, stabilendo un coefficiente di redditività, da applicare ai ricavi, in misura del 25%.
Solo nel 1994, con la legge della Regione Siciliana, si completa il quadro normativo regionale. Nel 1996 va in linea il sito internet www.agriturist.it. Nel 1998, l’osservatorio di Agriturist conta 8.500 aziende e 125 mila posti letto; il fatturato attualizzato dell’agriturismo italiano sale a 495 milioni di euro (960 miliardi di lire). Nell’anno seguente viene superato il traguardo dei due milioni di pernottamenti.
Nel 1998, cambio della guardia alla presidenza di Agriturist: Simone Velluti Zati lascia, e alla guida della prima Associazione agrituristica italiana, viene eletto Riccardo Ricci Curbastro.
L’agriturismo in Italia, nel 2001, supera un altro importante traguardo, quello delle 10 mila aziende. Regione guida è sempre il Trentino Alto Adige (2.500 aziende), ma la Toscana si avvicina (2.100), mentre la terza forza, pur molto distante (730 aziende) è il Veneto. Nel 2002, con 11.500 aziende, il giro d’affari supera la soglia dei 700 milioni di euro.
Da qui, la crescita dell’offerta, rallenta il ritmo, scendendo in tre anni dal 9 al 5%. La domanda, per effetto della crisi economica, aumenta ma non con lo stesso ritmo: ne soffre il giro d’affari medio per azienda, contraendosi dai 62 mila euro del 2003 ai 59 mila stimati per il 2005 (- 5%). La flessione dei redditi è tuttavia superiore per l’aumento dei costi di gestione delle imprese.
I dati medi dicono questo, ma la realtà dell’agriturismo in Italia presenta forti scostamenti dalle medie, in più e in meno: alcune aziende soffrono riduzioni delle presenze anche del 30%, altre aumenti del 15 ed anche del 20%. Questione di concentrazione dell’offerta, e quindi di concorrenza; di prezzi lievitati nei periodi di forte domanda, ma anche di scelte più severe dei consumatori che privilegiano non solo i prezzi contenuti ma anche una più attenta valutazione del rapporto fra qualità e prezzo.
Nel 2003, Agriturist istituisce una certificazione volontaria di qualità. Gli studi che portano alla elaborazione del disciplinare di rilascio del marchio “Agriturist Qualità”, dicono che gli ospiti premiano soprattutto una forte caratterizzazione dell’offerta: edifici restaurati ed attrezzati accuratamente, molti prodotti aziendali offerti sulla tavola, attività culturali legati alla conoscenza dell’agricoltura e dell’ambiente, una accoglienza semplice, cordiale, familiare.
Nel 2006, il Parlamento approva, solo un’ora prima che si chiuda la legislatura, la seconda legge quadro per la disciplina dell’agriturismo (L. 20 febbraio 2006, n. 96). Decisiva, per il raggiungimento di questo risultato, l’iniziativa appassionata del Presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, on. Giacomo de Ghislanzoni Cardoli.
Nel novembre 2006, la Regione Lazio emana la legge n. 14, prima legge regionale che recepisce la nuova legge-quadro; l’ 8 giugno 2007 è la volta della Regione Lombardia.
Se qualcuno, in passato, riteneva che il vero business dell’agriturismo fosse nella imitazione del turismo professionale, nel dare all’ospite tutti i servizi che chiede, oggi deve ricredersi: il successo dell’agriturismo in Italia è sempre più legato a qualità ed eccellenze selettive, capaci di consolidare una clientela, forse ancora “di nicchia”, ma anche intelligente, fedele, appassionata e colta.
Diverse altre regioni modificano le proprie leggi regionali secondo i principi della nuova legge-quadro e, nel febbraio del 2010 viene istituito presso il Ministero delle politiche agricole l’Osservatorio Nazionale dell’Agriturismo, previsto dalla stessa legge-quadro. Nell’ambito dell’Osservatorio, si dà avvio alla elaborazione di un progetto di classificazione nazionale delle aziende agrituristiche, anche questo previsto dalla legge 96/2006.